Romano Nicolino è un maestro molto amato a Garessio, Alpino, camminatore, ama la natura ed il suo paese, ha scritto due libri, “La Tradotta” toccante racconto di guerra e la raccolta di favole, salvate dall’oblio, che anticamente si raccontavano ai bambini nelle calde sere d’estate sull’aia a spogliare il granoturco o nelle fredde sere d’inverno al tepore delle stalle, dal titolo “Storie tra realtà e fantasia”
Il dialetto garessino
Il dialetto garessino viene comunemente classificato una variante del piemontese ed indicato come Ligure Garescin. G. B. Rossi, che nella sua “Guida di Garessio e dintorni” edita nel 1931 vi dedica un interessante capitolo, così afferma: “….troverete che si parla, colla stessa tonalità, gli stessi vocaboli e suoni di Garessio, a Calizzano, a Bardineto, a Murialdo, a Millesimo, a Cosseria, a Biestro, a Pallare, a Mallare e financo ad Altare e Carcare. La ragione storica vuol essere studiata nel fatto certo che, prima della strada rotabile Garessio-Albenga, l’arteria principale verso la Liguria piegava precisamente a sinistra del San Bernardo e toccava le fonti delle due Bormide”.
Sempre il Rossi ricorda un acuto studio di un certo avvocato Mattiauda di Bardineto che porterebbe ad una spiegazione etimologica del nome di Garessio: “ Non bisogna prendere i nomi come oggi li scriviamo, ma sibbene come li esprime il puro dialetto dei luoghi. Ed in dialetto si dice Garescè. Orbene, la voce italiana ese, od esce, od escia, era diffusissima nella toponomastica dell’antichità e significava passo, transito, via. Garesce dunque, come Varese, significherebbe presso la via o sotto il passo. D’altra parte, sempre secondo il Mattiauda, sono moltissimi e sparsi per tutta Italia i luoghi che derivano dalla suddetta radice il loro nome”.
Non esiste ancora una grafia ufficialmente codificata per la scrittura del garessino; io uso questa:
è= e aperta ò= o aperta ö= eu francese ü= u francese j= suono di jardin
ȉ= i prolungata ȓ= r semimuta sc= suono dolce di sci z= suono s di rosa
Trascrivo un mio “pensiero in libertà” nel quale cerco di dimostrare che la solidarietà, espressa anche solo con un piccolo dono, con una gentilezza, con l’amicizia o con un semplice sorriso, renda, chi la offre, contento.
SUN CUNTЀNTU SONO CONTENTO
Sun cuntèntu Sono contento
quandu me sc-pegiu quando mi specchio
int i ögi d’ina majnò negli occhi di un bambino
che da mi a sc-peta che da me aspetta
dma ina caȓamèla. solo una caramella.
Sun cuntèntu Sono contento
quandu me sc-pegiu quando mi specchio
int i ögi d’ina fumna negli occhi di una donna
che da mi a sc-peta che da me aspetta
dma gèntilössa. solo gentilezza.
Sun cuntèntu Sono contento
quandu me sc-pegiu quando mi specchio
int i ögi d’in omu negli occhi di un uomo
che da mi u sc-peta che da me aspetta
dma amicisia. solo amicizia.
Sun cuntèntu Sono contento
quandu me sc-pegiu quando mi specchio
int i ögi d’in veiu negli occhi di un vecchio
che da mi u sc-peta che da me aspetta
dma in surizu. solo un sorriso.
U cusc-ta propi pocu Costa proprio poco
esci cuntènti.- essere contenti.-