…andare senza fretta e senza meta. Intervista a Marilena e Renato
“Harley Davidson incarna uno stile di vita e per gli appassionati è parte integrante della propria personalità. La H.&D da più di 100 anni accende grandi passioni, ha stimolato la nascita di movimenti sociali e culturali che vedono in una motocicletta vibrante il simbolo dei propri valori,ha ispirato canzoni e film.
Sui bikers è stato scritto molto:a volte le notizie sono fondate,altre volte è solo robaccia..sono spesso confusi con altri gruppi di motociclisti, solitamente i Rockers, visti come tipi pericolosi in sella a moto grosse e rumorose, a volte cordiali e amichevoli, pronti a usare la violenza…..chi sono i bikers dunque? Si tratta fondamentalmente di uno stile di vita: essere un biker identifica un modo di vivere e guidare la moto…un atteggiamento di fronte alla vita…la cosa che più conta è un animo libero.il biker rimane fedele al suo stile di vita indipendentemente dalle attese della società’.
Oluf–Dieter, Harley-Davidson storia e mito.
Renato vive e lavora a Savona, da sempre ha la passione per la moto e da molti anni macina chilometri insieme a Marilena, a caccia di libertà ed imprevisti in sella ad una H&D. Con la fedele motocicletta ha girato dappertutto, dal grande Nord agli USA,. Gli chiedo di raccontarne uno, di questi viaggi, uno che per qualche ragione sia rimasto più impresso nella sua memoria. Non ha dubbi, risponde subito:
“Ad Istambul. L’ho deciso con un amico ,all’improvviso, tre giorni prima.Trieste, la Croazia, Bucari…Ovviamente si accetta di dormire dove capita..c’è il tutto esaurito e quindi ti adatti, ma collezioni ricordi interessanti e curiosi; ad esempio ricordo un locale dove ci hanno messo sul tavolo contemporaneamente sei birre già tutte aperte perchè dopo la mezzanotte non potevano più servire alcolici! oppure un luogo, il ponte sul Bosforo, dove non ci si poteva fermare a scattare foto e noi cercavamo ugualmente di rubare scatti in corsa, mentre guidavamo. Di imprevisti ce ne sono stati tanti, anche bizzarri, come il mio passaporto, volato via dalla camicia aperta proprio su un ponte di una superstrada con un traffico pazzesco.Non era certo un campo, dove ti puoi fermare a recuperarlo!… Non è volato giù solo per un caso fortunato ,infatti ogni auto che vi passava sopra lo sollevava e lo spingeva nuovamente verso di me, mentre le auto e i camion mi sfrecciavano intorno.
E’ stato un viaggio con lo spirito giusto. Non sempre l’imprevisto è piacevole: c’è l’amico che ti supera scherzosamente per arrivare prima e poi si perde, c’è una lotta contro il clima , il freddo, la neve, il caldo, le zanzare, le cadute, eppure non fai caso a nulla. Un amico sul lago Balaton ha rotto la moto. L’abbiamo spinta e pioveva, grandinava, nevicava. Pensavamo di fare il ritorno in tappe ed invece abbiamo fatto 1150 km in una tappa sola. E’ una passione, questa, ‘di attraversare il mondo e accogliere quello che viene’. Andare è una abitudine mentale, una cosa che parte dal cervello, uno vuole improvvisare, essere libero. E poi conosci gente interessante. C’è ad esempio il Night and Day: si parte di notte, il percorso è segreto senza sapere dove è la meta (solo il diller e gli organizzatori sono ovviamente al corrente) prima ci si ritrova per una cenetta tutti insieme, anche con le famiglie, poi si saluta chi non partecipa e gli altri partono. Una volta abbiamo trovato un ‘aperitivo’ alle tre di notte in un bosco e ‘per cena’ cappelletti in brodo alle cinque del mattino. Non viaggi con lo scopo di vedere o di raggiungere una meta, ma di viaggiare , ad esempio raggiungi Rimini ma passi dal passo del Tonale, non la fai facile, cerchi anche la difficoltà e l’ostacolo.
C’è poi il gruppo. Gli amici, lo spirito di fratellanza. Noi abbiamo conosciuto una marea di persone, da quelle incontrate nel deserto che si fermavano a salutarti e conoscerti a quelle incontrate nei raduni, ricordo un ragazzo con le scarpe da tennis ed uno zaino misterioso che portava sempre con sé e nessuno sapeva cosa conteneva…dopo anni si è scoperto che c’era una mascotte, una pantera rosa! Eppure tra tutti quelli che abbiamo incontrato non c’è mai stato in tanti anni il ricordo di una discussione, di una lite, di una prepotenza. Ci sono simpatie, per cui sei più affiatato con alcuni, ma non le antipatie. Allo stesso modo hai l’aggregazione nel gruppo ma non il conformismo. Ognuno mantiene la propria individualità .
Dopo il lavoro ci ritrovavamo in officina, a berci una birra insieme, per chiacchierare. Questa appartenenza la vedi anche nell’organizzazione…l’esigenza di avere uno che chiude il gruppo. che deve essere identificato perchè quando passa lui vuol dire che nessuno è indietro; questa è una cosa bella perchè vuol dire che c’è reciproca assistenza.”
La prossima volta chiederemo a Renato di parlare ancora dei vari tipi di gruppi,delle ultime esperienze e chiederemo a Marilena di parlarci delle donne H&D, sia quelle ‘sul sellino dietro’ , sia quelle che guidano e cercheremo di esplorare meglio il mondo H&D e più in generale il popolo dei motociclisti.
Aspettiamo vostri interventi !